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Carlo Delfrati: un Fuoricl@sse in musica

Un’intervista esclusiva a Carlo Delfrati, esperto in didattica musicale e attento da sempre ad imprimere spinte innovative alla musica nel percorso scolastico dei bambini e degli adolescenti. Simpatico, divertente e allegro, ha risposto alle nostre domande.

MILANO. E finalmente ce l’abbiamo fatta! Siamo riusciti a intervistare Carlo Delfrati, il padre della didattica musicale italiana, con il quale siamo riusciti a scambiare qualche battuta. Una carriera ricchissima di contributi importanti, la sua, che fin dagli anni Sessanta hanno dato una spinta innovativa all’educazione musicale nel nostro Paese. Ha insegnato nei Conservatori di Parma e Milano, all’Università di Pavia (sede di Cremona). Fondatore della Società Italiana per l’Educazione Musicale, di cui ha curato i raccordi con il contesto internazionale (è stato per vari anni membro del Direttivo International Society for Music Education), fa parte delle Commissioni ministeriali per la stesura dei programmi scolastici. Studioso dei problemi storici e pedagogici della musica, curatore del progetto dell’As.Li.Co Opera Domani e del progetto MusicaSI di Gioventù Musicale d’Italia. E’ consulente musicale anche di Rai-Educational (Mosaico). Ha ricevuto il premio Gibson per avere più di 40 anni alla formazione di insegnanti e di altri operatori nel campo dell’educazione musicale. Simpatico, allegro e divertente, ha risposto alle nostre domande.

INTERVISTA. Cosa l’ha spinta a “fare musica” con i bambini e i ragazzi in modo così dinamico e innovativo?
Mi ha spinto la mia stessa vita. Nella scuola elementare non ho avuto un’adeguata preparazione. E alla scuola media, quella di quando io ero uno scolaro adolescente, l’educazione musicale non c’era nelle materie che si studiavano. Quello che mi ha sempre spinto, quindi, è stato quello di dare a questi ragazzi una possibilità in più.

Spesso la musica non viene considerata dai ragazzi una disciplina importante. Lei che è considerato un po’ il “padre della didattica musicale”, in che modo pensa dovrebbe essere fatto un cambiamento in positivo?

La musica continua spesso a essere proposta oggi come all’inizio degli anni Sessanta, quando io cominciai a insegnare. Ma rispetto ad allora troppo è cambiato. Ciò che allora alimentava la cultura dell’adulto erano le cose che alimentavano quella del bambino, e così l’insegnante poteva tranquillamente riproporre ai suoi alunni i contenuti sui quali era Stato formato egli stesso, sapendo di essere condiviso. I bambini cantavano i canti dei loro genitori e dei loro nonni, quelli della tradizione popolare. Oggi la musica ha visto esplodere in modo esponenziale la sua riproducibilità, via CD, Ipod, TV, internet… La cultura dei ragazzi è sempre più diversa dalla nostra. Fino al punto che è l’insegnante, l’adulto, che fatica a tener dietro ai cambiamenti. Ogni generazione, ogni “micro-generazione”, ha un proprio linguaggio. L’insegnante che continua a parlare, rischia di non farsi capire da chi lo ascolta. Dimenticare gli interessi vorrebbe dire alzare un muro tra educatori ed educandi.

Accontentare i gusti e gli interessi dei ragazzi, dunque?
Schiacceremmo i ragazzi sul presente, un presente sempre più rapidamente se non soddisfacessimo, al di là degli interessi, i loro bisogni profondi. Bisogni di cui non è nemmeno detto che i ragazzi siano ben consapevoli, ma che l’educatore musicale deve far emergere attraverso competenze operative, percettive, inventive, manipolative, conoscitive…; ossia nel possesso di strumenti che permettano di vivere intensamente e integralmente l’esperienza musicale, sul piano fisico, quello affettivo, quello cognitivo.

Perché è così importante la musica?
Perché sollecita l’emotività, le emozioni, le sensazioni, permette di legarsi, di socializzare con i compagni, di condividere un’esperienza emotivamente forte con gli amici, di liberare la fantasia e sollecita anche un addestramento mentale e coordinamento fisico.

Sono sufficienti a scuola due ore di musica settimanali?
Niente mai è sufficiente. Credo che non sia importante quanto tempo si ha, ma come lo si usa. Se lo usi bene dai voglia al ragazzo di fare musica e di continuarsela per i fatti suoi, se lo fai male le due ore sono troppe.
Abbiamo partecipato ad As.Li.Co Opera Domani con il Flauto Magico di Mozart. Com’è nato questo progetto?
È nato da una sfida. L’opera lirica è molto lontana dal mondo dei bambini. Abbiamo pensato: ci sarà un modo per avvicinarli al loro mondo? Siamo partiti con il primo esperimento 16 anni fa, ha funzionato subito. Abbiamo dato un certo taglio e abbiamo “attivato” i ragazzi: i bambini presenti allo spettacolo, infatti, intervengono attivamente, interpretando parti dell’opera. Adesso sono più di 100mila i ragazzi che ogni anno partecipano. Ci sono tante persone dietro ogni edizione e tanti mesi di lavoro. L’anno venturo ci aspetta una bella sfida: il 2013 è anno di Verdi e di Wagner ma, siccome a Verdi abbiamo già dedicato due opere, lavoreremo sul Vascello Fantasma: sarà una bella sfida perché ridurre Wagner non sarà semplice.

Noi abbiamo una sezione a Orientamento Musicale e una dove studiano i Fanciulli Cantori del Duomo che dedicano molte ore alla musica strumentale e vocale. In che modo ci poniamo nei confronti degli apprendimenti?
È una bella cosa. Siete dei piccoli “fuoriclasse”. Sicuramente avete una marcia in più rispetto agli altri per tutto quello che ho detto prima.

Ci verrà a trovare il prossimo anno?
Ho sempre tanti impegni e sono costantemente in giro, ma l’anno prossimo spero proprio di venirvi a trovare a scuola.

La redazione

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